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Spin-off de Il Caos nel mio Cuore

La storia di Mike e Lexi

Mike e Lexi sono i protagonisti secondari del romanzo “Il caos nel mio cuore“. La loro storia nasce dietro le quinte lasciando il giusto spazio ai veri attori protagonisti. Ma molte amiche, leggendo il romanzo, mi hanno fatto notare che questa coppia doveva meritare qualche riga in più. A quanto pare, il carattere cinico e solitario di Mike aveva attirato un’attenzione inaspettata del pubblico femminile, e molte erano curiose di sapere com’è che Lexi, esuberante e disinibita, era riuscita a conquistare il cuore di quell’uomo.

La risposta è in questo spin-off creato appositamente per soddisfare la loro curiosità. Potete scaricarlo tutti liberamente. Il file è in formato PDF. Alla fine del breve racconto ho aggiunto una piccola “chicca”. È tratta dall’ultimo capitolo del romanzo. Mi sono divertita a scriverla sotto forma di “sceneggiatura”, immaginandola come la scena finale di un film. Spero vi faccia sorridere come è successo a me mentre la scrivevo.

Per tutto il mese di febbraio, inoltre, il formato cartaceo del romanzo “Il caos nel mio cuore” lo troverete a un prezzo scontato sulla piattaforma di Youcanprint. Clicca qui per accedere all’offerta.

Buona lettura!

M.P.

Di folletti e notti magiche

Questo Natale mia madre mi ha regalato questo stupendo folletto. Non lo sapevo, ma a quanto pare è un must! E niente, adesso fa parte della famiglia.

A dire il vero sembra un regalo fatto apposta perché proprio quest’anno ho avuto un’esperienza con un “folletto” alcuni mesi fa.

Vi racconto come è andata.

A marzo mi ritrovai ricoverata all’improvviso per forti mal di testa. Dopo quattro giorni di ricerche varie, trovarono lo stronzo, un aneurisma nei pressi del nervo ottico. Ok. Procediamo. Mi portarono in un altro ospedale dove attesi l’operazione in una stanza tutta per me. Non stavo benissimo, ma mi resi conto di essere nei pressi di una cucina per il chiacchiericcio continuo, e perché sentivo un meraviglioso profumo di caffè (che mi era stato vietato per ovvie ragioni).

Mi operarono il mattino dopo, e al risveglio mi ritrovai in una stanza diversa in compagnia di una signora anziana, ma sempre con quel meraviglioso profumo di caffè che iniziavo a desiderare follemente.

Non potevamo muoverci dal letto. Eravamo allettate entrambe e assistite da operatori OSS per quasi tutto.

Una mattina, Sara e il collega, vennero a farci il “bagnetto” e sistemarci il letto. Quel giorno però Sara era arrabbiata.

«Se metto mano a quel folletto…» diceva al collega.

«Ma smettila» replicava quello, «tu sei fissata.»

Ma lei continuava a lamentarsi. Allora, incuriosita, le chiesi che cosa la disturbasse tanto e lei mi rispose: «c’è un folletto che la notte si diverte a rubare dalla dispensa della cucina.»

«Non c’è nessun folletto!» ribadì il collega mentre mi lavava le braccia (sembra bello detto così, lavata e curata come fossi una regina, ma la realtà è che in quel momento ti senti talmente inutile e fiacca che pure un organismo unicellulare è più attivo di te).

«E che cosa ruba?» le chiesi io.

«Patatine, merendine…tutto quello che trova» rispose e lanciò un’occhiataccia al collega, «e non dirmi che non è vero perché ho controllato anche ieri e mancavano dei pacchetti!»

Insomma, la discussione era divertente e la ascoltavo sorridendo all’idea che qualcuno in quel reparto di neuro-chirurgia, si aggirasse quatto, quatto a rubare pacchetti di patatine.

Sara e il collega finirono di farci belle e pulite, e ci lasciarono.

Stare allettata tutto il giorno nonostante ti senta in piena forma è orribile. E quel aroma di caffè mi innervosiva ancora di più. Volevo alzarmi e andare in quelle cucine e chiederne un goccino. Anche piccolino.

Anche la notte era una noia totale. Avevo scaricato la app di Audible per ascoltare qualcosa, ma alla fine mollai anche quella.

Quel giorno però, verso mezzanotte, successe qualcosa.

Avevano spento le luci nel corridoio, e c’era un silenzio assoluto quando, a un certo punto, sentii dei rumori. Mi girai verso l’ingresso e rimasi immobile. Un altro rumore, e quel punto mi sedetti sul letto e ascoltai più attentamente.

Non riuscivo a vedere granché perché qualcuno aveva socchiuso la nostra porta, ma sentivo chiaramente dei passi e dei rumori come se accartocciassero della carta. Poi, all’improvviso, vidi un’ombra passare proprio davanti alla porta della nostra stanza. Era una persona e teneva tra le braccia della roba.

Il folletto! Pensai tra me. Ovviamente sapevo che non era un folletto vero, ma era comunque la stessa persona che aveva pensato Sara, la OSS.

Rimasi tutta la notte a pensarci. Mi era pure passato il sonno. Immaginai delle storie fantastiche su folletti e umani che la notte popolavano posti segreti in quel ospedale. Insomma, fantasticavo in preda a chissà quanta noia accumulata in quei giorni…

La mattina dopo, anziché Sara, trovai un’altra OSS, Debora. Le raccontai tutto quello che avevo sentito e visto, le dissi di Sara e del sospetto che ci fosse davvero qualcuno che lei aveva definito “folletto” perché si aggirava la notte e faceva sparire le cose dalla cucina.

«Ma cosa stai dicendo? Ma quale folletto? Sara ne dice di stupidaggini…» mi rispose mentre mi faceva un lavaggio su tutto il corpo.

«Guarda che l’ho visto! Sara aveva ragione! L’ho proprio visto coi miei occhi, usciva dalla vostra cucina e aveva dei pacchi tra le braccia! Erano sicuramente le patatine, o merendine…»

Debora mi guardava come fossi impazzita. «Scusa» mi disse, «ma da dove lo hai visto uscire esattamente?»

«Da lì. Dalla cucina.» Indicai la porta che si trovava proprio di fronte a quella della nostra stanza. Lei si girò a controllare.

«È uscito da lì?»

«Sì, è la vostra cucina no? Sento sempre il profumo quando fate il caffè.»

Lei scoppiò a ridere.

La guardai perplessa. Non mi credeva, era ovvio.

«Quella non è la porta della cucina!» disse ridendo, «è la porta del cesso!»

La sua risata rimbombava in tutta la stanza, ma io la guardavo seria.

«Il cesso? Ma no…non è possibile…»

«E tu sai chi hai visto? Hai visto il tizio della stanza accanto che usciva dal bagno con la carta igienica in mano!» Era piegata in due dal ridere. E alla fine cominciammo a ridere anch’io e la signora anziana.

Morale della favola: la cucina che pensavo di avere di fronte, in realtà c’era stata solo la prima volta che sono atterrata in quel reparto, nella zona androne. Poi, dopo l’operazione, mi hanno trasferita all’interno del reparto vero e proprio. Di fronte ai cessi.

E quel profumo di caffè, non è mai esistito.

Era soltanto nella mia mente, ma lo desideravo così tanto che pareva di sentirlo sul serio.

Le giornate successive, infatti, l’aroma scomparve.

I personaggi

    Creare un personaggio, dargli un aspetto, una voce, un carattere, e un passato, è la cosa più affascinante che ho riscontrato scrivendo un romanzo. E anche la più importante visto che poi dovrà essere lui/lei a catturare l’attenzione dei lettori (così mi libero da parecchie responsabilità di ciò che scrivo…)

Seguendo alcune scrittrici italiane su Instagram, ho notato come queste facevano dei veri e propri “casting” nel tentativo di affibbiare un volto al protagonista del loro romanzo, proponendone diversi tra modelli e attori famosi ai loro followers, e valutandone la preferenza.

Così, prendendo spunto da loro – bravissime, tra l’altro – ho fatto il “casting” anche io.

Per il mio primo romanzo, la scelta è stata unanime – tra me e me stessa – ed è caduta su David Gandy. Per conoscerlo meglio e riuscire così a far vivere il mio protagonista, ho studiato David un po’ più da vicino, nel senso che non mi sono limitata a sbavare davanti alle sue fotografie, ma ho guardato tantissime sue interviste su Youtube e ho spulciato e memorizzato online tutte le news in italiano e inglese su tutto quello che ha fatto e che fa. David è una persona fantastica sotto ogni punto di vista! Umile (nonostante sia ricco), marito fantastico e meraviglioso padre di famiglia, discreto e senza lati oscuri, né scheletri nell’armadio. Insomma, l’Uomo Alfa, e punto!

Nel secondo romanzo, che sto ancora portando avanti, sono dovuta andare di nuovo  su internet e rifare il “casting” daccapo, per potermi liberare da David. Cosa che è risultata difficilissima.

All’inizio ho trovato il volto del mio protagonista in un attore, il mitico “Superman”, Henry Cavill. Solo che la storia non prendeva il volo. La trama andava, ma c’era qualcosa che non funzionava. Lui.

Alchè faccio altre ricerche e incappo in una foto di un modello sconosciuto. Era perfetto, ma non c’era scritto il suo nome, e così scrivevo con la sola idea di un volto senza carattere, senza voce, senza segni particolari che potessero aiutare la mia fantasia. Ho chiesto aiuto in un gruppo facebook che seguo, “Le Signore in Rosa” le cui amministratrici sono delle scrittrici di romanzi rosa e ottenere da loro, super informate e aggiornate, il nome del misterioso modello.

Grazie a loro, conosco il mio protagonista: è Justice Joslin (in foto) ex giocatore di football (quindi le donnine possono già immaginare il fisico di questa meraviglia) , attore e modello, classe 1987, alto 1,85, occhi azzurri…insomma, uno qualunque…Ah, e suona pure il basso in una band!

Ovviamente lo seguo su Instagram (sì, ci sono anche io tra i suoi cinquantasette mila e più dei followers) e ho fatto le solite ricerche, anche se su di lui info in giro ce ne sono ancora poche.

Ora però il mio protagonista è come se avesse preso vita ed è lui adesso a condurre i giochi nella storia che sto scrivendo. Ed è bravissimo, ve lo assicuro. Ma anche assillante…

È strano come un personaggio inventato diventa quella voce interiore che ti perseguita durante tutta la tua giornata, qualche volta anche la notte, prima che ti addormenti. Stai per chiudere finalmente gli occhi e niente, lui/lei si affaccia nella tua testa bacata e ti insulta per le stronzate che gli hai fatto fare, e che hai scritto. Spesso devo rivederle e correggerle.

Pensavo di essere io la pazza, ma poi ho chiesto in giro tra coloro che scrivono come professione, e a quanto pare non sono l’unica. Anche Dacia Maraini afferma qui (al minuto 4.30) che i protagonisti delle sue storie vanno a cercarla, bussano alla sua porta chiedendo cosa vogliono fare.

Fiuuuu…sospiro di sollievo…

Justice Joslin

E vabbè, avevo anche foto da vestito, ma sinceramente…

Non solo romanzi rosa…

Ecco dov’ero sparita…

La Corsa in Rosa, manifestazione sportiva #noallaviolenzasulledonne

Un mese trascorso in mezzo alla bella gente, tra la voglia di fare e l’inseguimento di sogni… E ora però, si ritorna a scrivere. I miei due nuovi protagonisti chiedono udienza e presto li accontenterò.

You may say I’m a dreamer, but I’m not the only one

I hope someday you’ll join us, and the world will be as one

John Lennon

Giocando con la trama

Sto scrivendo il secondo libro, che in realtà doveva essere il primo, poi però è diventato il secondo, e se continuo così potrebbe essere soppiantato da un terzo (di cui ho anche buttato giù qualche accenno…). La trama del nuovo/secondo libro l’ho già creata, e avevo anche scritto ben 35.000 parole. Poi, mi sono accorta che mi stava annoiando. E allora ho ricominciato daccapo, e ho provato a guardarla sotto un altro punto di vista. Ma ancora niente, non mi convinceva. C’era qualcosa nella mia testa che mi bloccava.

Mi è stato insegnato che se si vuole cercare una trama per il proprio racconto, puoi prendere spunti ovunque intorno a te. Leggendo un quotidiano, curiosando sui social – che sono pieni di storie più di qualsiasi giornale – guardando un film, ricordando il sogno fatto la notte prima, il testo di una canzone… Ero piena di indizi, ma nonostante questo continuavo ad allontanarmi da quello che volevo scrivere. Il perché è semplice: è perché scrivo romanzi rosa, quindi, qualsiasi storia mi capita tra le mani, la devo trasformare in qualcosa di romantico, di sensuale, intrigante.

Ma in Italia il romanzo rosa è visto un po’ come il barbone che entra a un evento al Ritz senza essere stato invitato. E voglio vedere chi lo inviterebbe (io sì, ma significherebbe che sono tra quelle ricche già invitate all’evento…). In America e in Inghilterra, invece, le scrittrici di romanzi rosa sono viste alla stessa stregua di qualsiasi altro scrittore famoso. Sono ricercate, acclamate, e qualcuna addirittura osannata. Ovviamente è anche questione di fortuna, a parte di bravura. Ma questa differenza della critica nostrana, confrontata con quella estera, mi mette sempre a disagio quando vado a sviluppare la mia trama d’amore. Ma poi vedi quel libro sulla tua libreria…

La domanda che mi è nata spontanea è questa: che numeri fanno i romanzi rosa nel mercato mondiale della narrativa? Beh, la risposta era lì davanti a me, “Cinquanta sfumature di grigio” di E.L .James

L’amore e il sesso. Due soli ingredienti che messi a tavola risultano il piatto per eccellenza, da tre stelle Michelin. Ovviamente non deve mancare la salsa che lo rende così importante e che può essere di ogni tipo. Caratteri contrapposti, un terzo incomodo, un passato oscuro, una ferita sentimentale ancora aperta, un distacco improvviso, ecc.ecc. Ana e Christian sono un esempio perfetto di come il sesso, l’amore e i lati oscuri di ognuno di noi, possono diventare un best seller.

E quando quel mio disagio di cui parlavo sopra, diventa davvero fuorviante, e mi metto l’assillo del “ma questo romanzo rosa non sarà troppo rosa, o troppo spinto?” allora prendo come esempio la mitica E.L. James (pseudonimo di Erika Leonard) e mi controllo un po’ di cifre. Grazie a quel libro, e quelli che ne sono susseguiti, è stata inserita dal Time Magazine nella lista delle 100 persone più influenti nel mondo (fonte: wikipedia), giusto perché la signora con la saga della coppia più famosa – e attiva sessualmente – del mondo ha incassato nel 2015 (non oso pensare oggi…) una cifretta di circa 125 milioni di copie vendute. I tre film della sua saga erotica hanno incassato, invece, circa 1.3 milioni di dollari… Boh, vi ho detto tutto.

E ora, detto tutto questo – avevo bisogno di motivarmi – vado a giocare coi sentimenti dei miei due protagonisti. Presto svelerò cosa bolle in pentola.

Estratto Il caos nel mio Cuore

«Ciao, ci conosciamo?»

«No» rispose lei fissando il cocktail. «È buono quello?» gli chiese.

«È pazzesco!» esclamò l’uomo «Vuoi provarlo?».

«Sì!» esclamò tutta felice.

L’uomo fece cenno a uno dei baristi che si avvicinò subito. «Un altro Margarita rosa, per favore.»

Il pirata-barista fece volteggiare più volte la bottiglia di tequila e lo shaker al ritmo della musica creando fluide ed eleganti figure per aria e mentre Emma lo applaudiva come una bambina, lui le versò il drink nella coppa.

«Grazie!» disse lei e si voltò tutta raggiante per tornare al suo tavolo.

«Ehi, tutto qui? Non mi fai compagnia?» le chiese l’uomo.

Lei si girò. «Sì, sì. Ci vediamo dopo» rispose senza fermarsi.

«Ehi!» l’uomo si mosse verso di lei afferrandola per un braccio. «Ti ho offerto da bere, il minimo che puoi fare è stare qui con me e divertirci un po’, non sei d’accordo?»

Emma lo squadrò dalla testa ai piedi. «Non sono interessata, grazie.» Il suo sguardo non le piaceva per niente e puzzava, non aveva alcuna intenzione di stare con quell’uomo.

Il tizio non mollava la presa. «Avanti, fammi compagnia, sediamoci laggiù» le disse appoggiandole la mano sul fianco e invitandola a seguirlo.

Emma cercò di liberarsi, ma non voleva versare il Margarita e si bloccò. Alzò lo sguardo e lo fissò minacciosa. «Mi lasci per favore.» Il tizio non sembrava avere quella intenzione. «Mi lasci o mi metto a urlare» ringhiò a denti stretti sperando che a quel energumeno bastasse per lasciarla andare e non essere costretta a lanciargli in faccia il suo cocktail.

L’uomo la lasciò immediatamente, ma non era stata lei a convincerlo. Il tizio aveva sollevato lo sguardo oltre la sua testa. Lei seguì quello sguardo e si girò. Un uomo stava in piedi dietro di lei. Nonostante non riuscisse a metterlo bene a fuoco, Emma non poté non riconoscere quei due occhi azzurri che la fissavano.

«Oh no…» sospirò lei. Si era liberata di uno stronzo, e se n’era aggiunto un altro, Eric Hunter. Che diavolo ci faceva lì a Bournemouth?

«Posso?» disse lui prendendo il cocktail dalla sua mano. «Sei venuta quaggiù per provare nuovi alcolici, Emma Stewart?»

«La signorina è con me» disse l’uomo guardando Eric con aria seria, ma tenendosi a una certa distanza.

«Davvero? Vi ho disturbato forse?» Eric lanciò un’occhiata a Emma.

«No. Non lo conosco affatto» rispose lei.

Eric guardò l’uomo. Emma non lo sentì emettere nemmeno un suono, ma d’un tratto il tizio alzò una mano come per mandarli entrambi al diavolo e si allontanò. Poi, sul volto di Eric ritornò quel sorriso sornione che lo contraddistingueva. «Questo Margarita ha un bell’aspetto. Sarà anche buono?» lo assaggiò.

Emma si fiondò su di lui come una furia. «No! Non di nuovo!» urlò urtando il suo braccio, facendogli versare il cocktail addosso.

«Ehi!» Eric abbassò lo sguardo sulla macchia rosa stampata proprio al centro della sua camicia bianca.

«Ha visto cos’ha fatto?» sbottò lei indicando il bicchiere ormai vuoto.

«Cosa ho…?» Eric scosse la testa. «Tu sei incredibile»

«Se lei non avesse preso il mio Margarita, questo non sarebbe successo» lamentò lei strappandogli il bicchiere dalle mani.

«Emma Stewart, tu devi essere una punizione divina per la mia vita passata, vero?» sospirò lui piegando la testa da un lato e guardandola con un certo interesse.

«Lo stesso vale per me! Mi sta seguendo per caso? Qual è il suo vero lavoro? Lo stalker? Il maniaco?»

Alcune persone si girarono verso di loro, incuriosite.

«Abbassa la voce e soprattutto smettila di insultarmi» replicò lui infastidito. «E la devi smettere anche con l’alcol, se non sai reggerlo.»

«Non sono ubriaca!» gli diede una spinta, ma barcollò perdendo improvvisamente l’equilibrio.

D’istinto, Eric l’afferrò prima che cadesse a terra. «A meno che in questo momento non sia in atto un terremoto, sì, mi sembri decisamente ubriaca» asserì con tono annoiato.

«Metta giù le mani» sbottò Emma staccandosi da lui.

Eric la guardò serio. Molto serio.

Accorgendosi di essere stata un po’ troppo brusca, lei si sforzò di sorridere. «Va bene, forse ho bevuto un pochino» ammise.

«Che ci fai qui?» le chiese.

«Che ci fa lei qui.»

«Sei sola o con qualcuno?»

«Lei va da solo nei locali notturni?»

«Qual è il tuo tavolo? Ti accompagno.»

«Non ricordo…» Emma si voltò per cercare Lexi e Alex, ma le girava forte la testa e non capiva più niente.

«Qualcuno dovrebbe tenerti sotto controllo e riportarti a casa prima che tu possa farti del male.»

«È diventato anche un medico adesso? Perché si preoccupa sempre che le persone non si facciano del male?» Alzò gli occhi incontrando quelli seri di lui. «Comunque… non sono sola, sono in compagnia di un bellissimo ragazzo» disse sfoggiando un ampio sorriso.

«Buon per te, dovresti raggiungere questo bellissimo ragazzo, allora.»

«Certo! Ora lo raggiungo.» Diede un’altra occhiata in giro, ma niente, proprio non riusciva a vedere il tavolo.

«Qualche problema?» Eric le lanciò un’occhiata in tralice.

«Nessun problema» disse lei indispettita. «Il fatto è che… mi pare fosse… sì, da quella parte» indicò un punto.

«Mi sembra strano che il tuo tavolo si trovi proprio davanti ai bagni.»

«Ah! È dall’altra parte» indicò il punto opposto, ma era l’uscita del locale. Il disagio cominciò a impossessarsi di lei e con un gesto nervoso, prese a mordicchiarsi un’unghia.

«Senti, vieni con me. Facciamo un giro veloce e lo cerchiamo insieme.» Eric appoggiò la mano sulla sua schiena, invitandola a seguirlo, ma a quel contatto lei si divincolò piazzandosi davanti a lui.

«Vuole andare in giro conciato in quel modo?» lo derise indicando la macchia rosa sulla camicia.

«Hai qualche suggerimento in merito?»

«La tolga, no?» Incrociò le mani al petto, guardando Eric con aria maliziosa. «Stasera la gran parte delle persone qui sono mascherate, può far finta di essere un bel pirata anche lei, a torso nudo magari.» Fissò il suo petto. La camicia, bagnata dal Margarita, si era appiccicata al suo corpo, mettendo i suoi addominali in evidenza. Emma non riusciva a staccare gli occhi da quello spettacolo.

To be continued…

Cut Scene

Il Caos nel mio Cuore” , come già detto, ha diverse stesure e tagli. Proprio come nei film. Taglia e cuci, taglia e cuci…ho perso tanto di quel tempo… Comunque, questa che segue è una delle tante scene tagliate. Non era poi così male, ma a Emma scocciava rovinarsi il vestitino in piscina e allora…

***

«Quindi conosci Mark» disse Eric all’improvviso.

«L’ho conosciuto qui a Bournemouth » rispose lei.

«Da come vi ho visto parlare ho pensato che foste vecchi amici.»

Emma abbassò lo sguardo.

«Vai a correre con lui domattina?» continuò lui.

«Sì.»

«Perché vai a correre alle sei del mattino con qualcuno che conosci appena?»

«E perché no? È carino e anche molto simpatico.»

«Lo trovi carino?» I suoi occhi si accesero all’improvviso.

«Lo definirei un tipo affascinante» rispose lei.

Eric le sollevò il mento, costringendola a guardarlo. «Chi trovi affascinante? Quel ragazzino? Andiamo, potresti essere sua zia. O sua nonna…»

«Ma che razza di stron…»

«Mi stai dando dello stronzo?» la interruppe lui.

«E tu mi stai dando della vecchia?»

«Mark ha ventisette anni. È un ragazzino.»

«Tu ne hai quaranta e ti comporti come un bambino. O forse…» lo guardò con gli occhi in tralice, «sei geloso» disse con un sorriso soddisfatto.

Lui scoppiò a ridere. «Geloso! Ma andiamo…»

Emma lo fissava seria. 

«Stai cercando di stuzzicarmi, dolcezza? Pensi davvero che io sia geloso di quel bambino?»

«Sì, lo sei», rispose con uno sguardo di sfida.

La musica finì e lei si fermò. Stava per staccarsi, ma Eric la tenne stretta per i fianchi.

«Non sono geloso di lui» disse, «non può esserci alcuna competizione tra il sottoscritto e quel ragazzino.»

«Certo che no. Mark è giovane, energico e sembra anche molto agile.»

«Emma, ti stai addentrando in un campo minato. Stai attenta.»

«Hai proprio ragione» continuò lei ignorando il suo avvertimento, «non puoi competere con uno come lui.»

«Emma…stai cercando di provocarmi per qualche ragione?»

«Dico semplicemente la verità.»

Una strana luce trasparì improvvisamente negli occhi di lui e quel colore azzurro s’incupì.

Emma sentì un brivido scorrerle lungo la schiena. Forse aveva esagerato. Prima o poi doveva dire addio all’alcol, pensò.

Con uno scatto fulmineo, Eric la sollevò portandosela sulle spalle come fosse un sacco di patate.

Lei strabuzzò gli occhi. «Che diavolo stai facendo? Mettimi giù!» urlò.

Lentamente, con un sorriso beffardo tra le labbra, lui si avvicinò al bordo piscina.

«Non osare, Eric! Se mi butti in acqua giuro che te la faccio pagare!»

«Mi hai offeso in tutti i modi possibili, Emma Stewart, sin dal primo giorno…»

«Ero ubriaca! Sono ubriaca!» urlò dimenandosi come un’anguilla intrappolata in una nassa.

«Piccola, io ti avevo avvertito, non devi bere alcol se non lo sai reggere». Con un agile slancio si buttò in piscina. Emma si aggrappò a lui urlando.

Risaliti a galla, lo fissò, furiosa. «Ritiro quello che ho detto prima» borbottò, «il ragazzino non è Mark. Sei tu!»

Eric la spinse contro la parete della piscina, bloccandola col proprio corpo. «È una bella sensazione sentirsi un ragazzino…» disse spostandole delle ciocche bagnate dal viso.

Un fremito scosse Emma mentre  la sfiorava. Gli occhi di lui la fissavano silenziosi e quello sguardo penetrante cominciò a metterla in agitazione. Ubriaca a no, ne era attratta pericolosamente.

Lo sguardo di Eric si era soffermato sul suo decolté. I loro vestiti ormai inzuppati d’acqua, si erano incollati sulla loro pelle disegnandone ogni rilievo e curva da non lasciare niente all’immaginazione.

 Le mani di lui scivolarono sui suoi fianchi e li afferrò, attirandola a sé. «Potremmo fare come fanno i ragazzini» disse con un sorrisetto sornione.

«Gli stupidi?» gli chiese.

«Insolenti e smaliziati» sussurrò spingendosi col basso ventre contro quello di lei.

Emma provò a divincolarsi, ma senza riuscirci. Quel corpo sembrava irremovibile.

Lui si chinò ancora e le sfiorò la guancia con le labbra. Quel contatto la fece sobbalzare, il cuore cominciò a battere impazzito e rimase immobile, come il tempo, perché non riusciva più a percepire se passassero secondi o minuti.

«Che…che cosa stai…»

 Eric posò un dito sulle sue labbra. Poi si fece più vicino. Il suo respiro caldo e ritmato avvolgeva Emma procurandole una sensazione estremamente piacevole. L’acqua fresca della piscina non le bastava ad alleviare quel fuoco che sentiva tra le gambe che rischiavano di cedere da un momento all’altro. Chiuse gli occhi e attese le sue labbra, voleva sentirle, subito, prima di esplodere..

All’improvviso si sentì sollevare e spalancò gli occhi. Eric l’aveva messa a sedere sul bordo. Poi, si era appoggiato incrociando le braccia sulle gambe di lei e sorrise.

Emma lo guardò confusa. «Hai finito di giocare?» sbottò poi tutta rossa in volto.

«Mi fai passare sempre per quello stronzo» disse lui sorridendo divertito. Con uno slancio, si sedette sul bordo, accanto a lei. «Un po’, forse… lo sono davvero» sospirò guardando l’acqua sotto di lui. «Mi confondi, è questo il problema. E non mi piace.»

Potere del Motore di Ricerca, vieni a me!

Quando ho preso la decisione di scrivere un libro e auto-pubblicarlo, ho pensato “ma che ci vuole? Basta avere una storia da raccontare”.

Stavo partendo già col piede sbagliato, ma me ne resi conto mooolto dopo.

Vi risparmio tutto il travaglio dei primi tre capitoli, ma solo per adesso perché volevo parlare, invece, di uno dei tanti escamotage che ho usato davanti ai problemi incontrati strada facendo e come questo si sia poi rivelato quello adatto per una esordiente come me.

Come ho scritto nel mio post di presentazione, i protagonisti del mio romanzo, Emma e Eric, hanno viaggiato in lungo e in largo prima di approdare definitivamente a Londra. Il titolo del romanzo infatti, “Il caos nel mio cuore”, non l’ho scelto io, ma loro e con un sottotitolo da parte di Eric “ma vaffan…” che ho omesso perché quella destinazione non la trovavo carina…

Premesso che tutto questo è successo perché sin dall’inizio non avevo chiaro una trama e l’ho inventata mentre scrivevo, io non ho viaggiato granché e nei posti in cui sono stata – davvero pochi –  Londra non era tra questi. Non conosco niente dell’Inghilterra, a parte qualcosa del passato guardando Bridgerton, ma nemmeno Jules Verne conosceva le terre dove ha ambientato i suoi libri, eppure descriveva quei luoghi come se li avesse davvero visitati. E lui non aveva Google Map come me.  

Usare google map è stato divertente e istruttivo. Ho fatto catapultare Emma e Eric da Londra a Bournemouth (nel Dorset, sud Inghilterra) senza sapere niente di questa città. Tra l’altro dovevo costruire lì la casa di riposo Green Eden, piccolo teatro della storia, ma dove? E come sono le case di riposo in Inghilterra? Cercavo di tutto online, dalle case di riposo (tra le tante ho trovato questa: Abbeyfield House, locata a Plymouth, carinissima), alla città di Bournemouth, trovando informazioni importanti per la mia storia.

Bournemouth – foto da Bournemouth_official Instagram

Sono stata sull’Isola di Wight nella cui città di Cowes i primi di agosto organizzano la famosa Cowes Week, una tra le più antiche gare veliche. È qui che ho portato i protagonisti per un divertente fine settimana all’insegna di tanto rum e baci bollenti…

Ma prima di Wight c’è stata l’isola di Guernsey e poiché non conoscevo nemmeno questa piccola isola, ho guardato un film dedicato alla sua storia, “Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey”, molto bello e romantico, guardatelo.

Anche Brighton è stata teatro di qualche gitarella simpatica, ma il mare è stato il vero protagonista. La Wave Dancer, la barca a vela di Eric, ha fatto da cornice romantica per tutta la loro storia d’amore. Per trovarla è stato semplice, appena ho scritto “barche a vela” su google mi sono apparse delle tali meraviglie che mi sono ritrovata a invidiare Emma.

Questa è quella che ho scelto alla fine:

(foto dal sito Jeanneau.com ) Penso che me la comprerò, appena vinco al SuperEnalotto…

Anche in questo caso, grazie alle ricerche su Santo Google, ho imparato alcune cose sulle barche e il glossario sulla vela, che ho degnamente (credo) trasferito ai miei protagonisti.

Riguardo il passato di Eric, mi sono documentata soprattutto con un paio di film. Uno è il bellissimo “Fight Club” del 1999, con Brad Pitt e Edward Norton. Per chi non lo avesse visto (penso pochi) sappiate che è un film pazzesco e i due attori sono incredibili.

Un altro film che mi ha ispirato arriva invece dalla Germania intitolato “La febbre del cemento”, molto interessante, ve lo consiglio.  

Ringrazio Larry Page e Sergey Brin per questa loro illuminazione visionaria.

Quel File chiuso in un PC

Di solito teniamo i sogni chiusi in un cassetto, io li avevo chiusi in un PC. Tra l’altro nemmeno un portatile, bensì un antidiluviano computer fisso… Comunque, un giorno di circa due anni fa cercavo dei file e ho collegato questo PC fisso. Ci ho messo una settimana, ma alla fine sono riuscita ad accenderlo.

Tra le varie raccolte indifferenziate, mi cade casualmente l’occhio su una cartella “documenti privati Map”, quest’ultima parola sta per Mapy abbreviato all’ennesima potenza. Apro la cartella e inizio a scorrere una serie di file nominati così: incipit1.doc; incipit2.doc; incipit3.doc e romance_london.doc. Quest’ultimo mi incuriosisce e lo apro, cioè, ha una password di protezione, quindi…dopo tre giorni di tentativi, lo apro.

Il romanzo è ambientato a Londra, la protagonista è americana e giunge nella City grazie a un biglietto aereo regalato da un’amica al suo trentesimo compleanno.  La storia l’ho scritta circa quindici anni fa, ma rileggendola mi è venuto il batticuore e non per la storia in sé, bensì per la voglia di continuarla.

Ma non l’ho fatto. O meglio, mi sono messa a scrivere, ma un’altra storia.

Sono partita con una trama che si avvicinasse un po’ alla sottoscritta, pigra ma sportiva. La protagonista, Emma, una ragazza inglese sovrappeso che intraprende una dieta accompagnata da attività fisica, la corsa. Durante i suoi allenamenti avrebbe poi incontrato l’amore e via così… Peccato che dopo un paio di pagine scritte, trovo la pubblicità su Instagram del film “Brittany Runs a Marathon” (Brittany non si ferma più, in Italia). Perfetto, cancelliamo tutto.

Ci riprovo.  Questa volta Emma, sempre in sovrappeso, viene assunta come cuoca in una casa di riposo, la Green Eden, nel Dorset. Un bel problema per la sua dieta, ma non per il fisioterapista, suo collega nella casa, un bel ragazzo che ha tutta l’intenzione di aiutarla nell’attività fisica…eh eh eh… Ma all’improvviso, cambio ancora storia. Emma è americana, ancora in sovrappeso e sempre assunta come cuoca alla Green Eden, adesso il problema è il bellissimo boss che risulterebbe sposato con una stron… Non sono ancora contenta e dopo qualche mese riporto Emma a Londra, ma siccome si molla col fidanzato, la faccio trasferire nelle Isole Cayman, ma giusto il tempo di bere un cocktail caraibico e Emma finisce nuovamente a Londra. Questa volta, e ultima, lavorerà sempre alla Green Eden, ma come assistente personale del boss, Eric Hunter che eredita la casa di riposo. E qua finalmente lascio in pace i due personaggi e costruisco la trama (in verità, se davvero avessi costruito una buona trama sin dall’inizio, non avrei fatto tanti casini di giri…).

Il romanzo, “Il caos nel mio cuore” viene auto-pubblicato come ebook a fine aprile 2021 e qualche giorno dopo esce anche il cartaceo.  La gravidanza e il parto del mio primo figlio, vent’anni fa, sono durati molto meno e sono stati anche meno faticosi rispetto a quello che ho passato per questo libro, ma adesso il bello, come quando hai un figlio, è vederlo crescere…

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